Transhumanza-intervista al collettivo

Come nasce transhumanza?

Transhumanza nasce nell’autunno 2018 da un’idea di Ambra Iride Sechi, Matteo Orani e Dario Sanna.
All’epoca vivevamo a Bologna, dove frequentavamo l’Accademia di Belle Arti, incrociandoci in un percorso che ci ha portato a condividere le riflessioni riguardo a come poter portare la nostra ricerca artistica in
Sardegna.
Da subito è emerso un forte interesse per i piccoli centri, dove alcuni di noi sono cresciuti, spesso lontani dai cosiddetti “luoghi dell’arte” contemporanea e ancora più spesso sofferenti di problemi comuni,
come il costante spopolamento di questi e la generale mancanza di stimoli. Pensavamo a quanti, come noi, si occupano di arte lontani da “casa” oppure a come entrare in relazione con coloro che hanno deciso di restare lì a formarsi. Così abbiamo iniziato a organizzare quello che sarebbe stato il primo dei nostri “ritorni”che si è concretizzato con la mostra “Nostos Numerozero”, tenutasi a Siniscola (NU) a dicembre 2018.
Mentre stavamo lavorando a questo esordio come gruppo, siamo entrati in relazione con Alessandra Sarritzu, anche lei a Bologna e anche lei artista formatasi all’Accademia. Con lei abbiamo iniziato da subito a confrontarci sulle tante cose che ci frullavano in testa, finchè non è entrata a tutti gli effetti a far parte del gruppo, contribuendo alla costruzione di Nostos Numerozero e a tutte le attività che ne sono seguite.

Workshop di cianotipia organizzato durante Nostos Numerouno, 
Santu Lussurgiu (OR)
Workshop di cianotipia organizzato durante Nostos Numerouno,
Santu Lussurgiu (OR)

Avete realizzato dei progetti come collettivo (opera unica) o progettate in modo indipendente?

Il lavoro del collettivo si è concentrato principalmente sulla progettazione e la promozione di due eventi ibridi a cavallo tra rassegna e residenza artistica: Nostos Numerozero (Siniscola, dicembre 2018) e Nostos Numerouno (Santu Lussurgiu, febbraio 2020) si articolavano in una mostra e diverse esperienze collettive, come live performance, open studio e workshop aperti al pubblico. Nostos è un format che ci vede attivi
nell’esplorazione di un territorio, da prima indagato a distanza ed in seguito attraversato per un arco di tempo limitato a poche settimane, in cui insieme alle artiste e gli artisti invitati, diamo forma al progetto espositivo
che viene ospitato in spazi domestici in disuso, come tanti ne troviamo nei centri storici dei nostri paesi. Per ora, definibile come “opera singola”, abbiamo realizzato una sola opera collettiva dal titolo “Bette Caddu”, presentata per la mostra collettiva “Super cavalli” ideata dal collettivo Super Summer Extra Pomeriggio e curata da Stefano Giuri al TOAST Project Space di Firenze. Per il futuro siamo comunque propensi alla ricerca collettiva e a realizzare delle opere comuni, oltre che portare avanti la nostra ricerca personale.

Le vostre opere\installazioni come collettivo sono unite da un filo conduttore comune?

Sicuramente nelle nostre ricerche ci sono dei punti ricorrenti come il concetto di memoria e identità; un altro elemento sempre presente riguarda le considerazioni sulle relazioni e le contraddizioni all’interno della società in cui viviamo.

Quanto è importante nel vostro spazio espositivo la presenza del fruitore? Qual’è il fruitore ideale per le vostre opere?

La nostra ricerca si è concentrata sin da subito nella ricerca di relazioni con le comunità presenti nei territori nei quali portiamo i nostri interventi, come nel caso delle due mostre “Nostos”, nelle quali alcune delle opere
presenti sono state realizzate proprio grazie alla partecipazione del pubblico. Ma al di là delle opere singole, l’intero intervento è basato sull’esperienza, a partire da noi che inizialmente facciamo ricerca in qualità di fruitori del territorio, a proseguire con l’intervento vero e proprio basato sull’interazione a 360 gradi con il territorio e con chi lo abita.
Per noi non esiste un fruitore ideale in relazione ai nostri lavori ma è fondamentale la presenza del fruitore in quanto l’opera vive attraverso lo spazio e la persona che interagisce con l’opera stessa.

Dove\come reperite i materiali per realizzare le vostre opere? Quale tecnica prediligete?

Alessandra Sarritzu

Utilizzo diversi linguaggi come l’elemento luminoso, il suono, l’installazione, la fotografia e la cianotipia (antica tecnica fotografica). Quest’ultima risulta fondamentale all’interno della mia pratica artistica,
è diventata infatti un elemento costante per la realizzazione dei miei progetti. Lavorando quindi da diversi anni su questa tecnica, ho cercato di renderla in qualche modo più personale, anche perché di base è un metodo di stampa molto caratterizzante. E’ un processo che mi ha subito affascinato, fatto di attese, di fluidi, di chimici fotosensibili e di sovrapposizioni, è un momento quasi alchemico. I chimici per la realizzazione della cianotipia li acquisto online, altri materiali nei negozi specializzati e gli elementi naturali li raccolgo un po’ ovunque.

Ambra Iride Sechi

Mi sono avvicinata alla fotografia nella prima infanzia, grazie alla passione portata avanti dai miei genitori. All’epoca la fotografia era unicamente quella analogica, fatta di pellicole e carte sensibili alla luce, interminabili attese al buio della camera oscura. Queste esperienze sono state molto importanti per la mia formazione, così quando ho proseguito gli studi in Accademia, ho coltivato una predilezione speciale per la fotografia tradizionale e il linguaggio documentaristico, ai quali ho affiancato la fotografia digitale, il video e la performance.

Matteo Orani

Personalmente non prediligo nessuna tecnica in particolare, ma penso che ogni idea abbia un medium specifico per essere realizzata. Attualmente, a causa anche del mio percorso di studi, lavoro principalmente con la carta stampata e del libro, e da poco ho cominciato a sperimentare con il cucito e il recupero di tessuti usati.

Dario Sanna

Anche io non ho una tecnica specifica. Mi sono approcciato alle arti visive sperimentando diversi materiali e tecniche, a partire da quelle più classiche della scultura. Ultimamente mi sto concentrando su opere relazionali, che si danno su contesti e tempi specifici, dalle quali ne ricavo ulteriore materiale da sviluppare sotto forma di installazione o con media differenti. Tante volte il materiale che uso per lavorare lo prendo direttamente dai contesti nei quali sviluppo gli interventi ma questo può variare a seconda delle esigenze.

Come nasce il vostro processo creativo? Da dove traete ispirazione?

Alessandra Sarritzu

Il mio lavoro nasce dalla rielaborazione delle mie esperienze e del mio vissuto, partendo spesso dal recupero e dalla manipolazione di un certo materiale d’archivio, personale o esterno, come libri, video o immagini online.

Matteo Orani

Solitamente mi scrivo degli appunti su quaderni sparsi che un giorno spero di aver voglia di riordinare. Se rileggendo i miei appunti qualcosa mi colpisce, procedo alla sua lavorazione. Non possiedo una ricetta per il
processo creativo, ma tutte le volte che devo ragionare su un determinato lavoro comincio dalla radice etimologica delle parole

Dario Sanna

Sicuramente comincia tutto dal background personale: il vissuto, le esperienze, i contesti nei quali si vive.
Oltre a questo sono molto ispirato dai processi che investono la società in generale e dalle contraddizioni che questi fanno emergere.

Ambra Iride Sechi

Il gesto artistico per me è qualcosa di strettamente legato alla visione e alla condivisione, e nasce da una necessaria e accurata lettura del contesto ambientale e sociale. La nostra vista è costantemente stimolata da un flusso di immagini di ogni genere; trovo molto stimolante nel processo di creazione di un progetto una lenta osservazione dei luoghi e degli spazi interstiziali, la capacità di questi luoghi di raccontare la propria storia e quella delle persone che li hanno attraversati.

Quanto è stretto il vostro legame con la Sardegna? Nelle vostre opere cercate di trasmettere qualcosa legato ad essa?

Alessandra Sarritzu

Il nostro luogo d’origine ha sicuramente influenzato la nostra ricerca artistica. La scelta di tornare periodicamente in Sardegna e realizzare degli interventi artistici i è dovuta alla grande volontà di confrontarsi con il territorio sardo, con chi ci vive tutto l’anno, con gli artisti, i curatori, gli operatori culturali, ecc.. In questo periodo sto riflettendo sull’ambivalenza che certi luoghi possono suscitare nell’immaginario collettivo, le isole per esempio, da un lato possono essere la meta turistica dove trascorrere le proprie vacanze oppure possono rappresentare una sorta di rifugio paradisiaco lontano dal resto del mondo, ma dall’altra parte questi luoghi possono anche svelarci storie tutt’altro che romantiche, come per esempio la questione sulle basi militari NATO in Sardegna.

Matteo Orani

Credo che aver vissuto per 19 anni in Sardegna ti porti immancabilmente a sviluppare un forte legame con la propria terra, sia in senso negativo che positivo. Per conto mio posso dire che la Sardegna rappresenta per
me un metro di giudizio da cui partire per ragionare su molte cose, e la considero come una libreria di stimoli da cui attingere sempre idee nuove, anche se il risultato del mio lavoro mi porta in una direzione opposta.
Non credo di trasmettere qualcosa di essa ogni qualvolta mi approccio ad un lavoro nuovo, ma l’eredità culturale che essa rappresenta per la mia formazione é sicuramente una fonte di ispirazione, sia che si tratti
di fatti storici, del lavoro svolto dai grandi artisti e dalle grandi artiste venute prima di me oppure negli artefatti folkloristici della cultura sarda.

Dario Sanna

Anche io sento un legame indissolubile con le mie radici e anche per me questo porta con sè dei pro e dei contro. I pro stanno nella fonte infinita di ispirazione per le tante riflessioni che si possono fare sulla Sardegna, sulla sua cultura e anche sui suoi tanti problemi. D’altra parte questo per me ha costituito una “zona di comfort” dalla quale inizialmente è stato difficile uscire per poter sviluppare ragionamenti su altri ambiti.

NOSTOS NUMEROZERO
Ambra Iride Sechi
Su sonnu est nutrimentu

Produrre in Sardegna è limitante? Trovate difficile farvi conoscere al pubblico adatto? E’ difficile trovare spazi adatti per esporre?

Assolutamente no. Guardiamo alla Sardegna, oltre che come casa nostra, come un enorme pozzo di stimoli capace di attivare processi creativi. Quando abbiamo iniziato a lavorare in Sardegna come gruppo,
essendoci tutti formati fuori dall’Isola negli ultimi anni, non conoscevamo in maniera approfondita le varie realtà che si occupano di arte in Sardegna. Da questo punto di vista abbiamo sempre voluto tenere un doppio livello: da una parte ci interessava fare rete, entrare in contatto con queste realtà, con gli artisti e in generale con gli “addetti ai lavori”; dall’altra parte ci interessa molto portare la nostra esperienza a relazionarsi con la gente in generale, anche se si tratta di persone non “educate” all’arte contemporanea. Ma è proprio questo quello che intendiamo quando diciamo di voler creare cortocircuiti tra il mondo dell’arte contemporanea e quello della vita quotidiana dei paesi.
Per quanto riguarda gli spazi espositivi, come collettivo non abbiamo mai esposto in musei o gallerie in Sardegna. Ci siamo concentrati nel progettare mostre all’interno di case disabitate, avute in concessione tramite le reti di solidarietà che abbiamo attivato durante la costruzione degli eventi. Questo rappresenta anche un elemento identitario del collettivo. Ad ogni modo non escludiamo che primo o poi ci possa essere la voglia o il bisogno di intervenire in veri e propri spazi espositivi.

State lavorando a qualche nuovo progetto?

Attualmente stiamo lavorando al catalogo della seconda tappa di Transhumanza, Nostos Numerouno e ci stiamo organizzando per diventare un’associazione culturale a tutti gli effetti. Stiamo valutando le possibili
location che andranno a ospitare Nostos Numerodue e stiamo ragionando su possibili interventi anche diversi dal format Nostos.

NOSTOS NUMEROZERO
Matteo Orani
CV
Installazione video
NOSTOS NUMEROZERO
Matteo Orani
CV
Installazione video
NOSTOS NUMEROZERO
Dario Sanna
"Fatto sociale": "ambiente 0"
NOSTOS NUMEROZERO
Dario Sanna
“Fatto sociale”: “ambiente 0”

Biografie e opere

https://cargocollective.com/transhumanza/bio

Sito web / instagram

https://cargocollective.com/transhumanza

https://www.instagram.com/transhumanza/?hl=it

Le immagini sono state reperite dal sito ufficiale.

Intervista autentica realizzata da Sofia Caddeu.