Roberto Fanari-La leggerezza del fil di ferro

Chi è Roberto Fanari?

Mi chiamo Roberto Fanari, classe 1984. Sono nato e cresciuto in Sardegna, in un piccolo paesino della Marmilla: Gonnoscodina.
Ho studiato all’istituto statale d’arte di Oristano seguendo l’indirizzo di lavorazione del legno, poi ho proseguito gli studi all’Accademia di Belle Arti di Sassari nel corso di scultura. I primi anni, grazie all’aiuto dei miei compagni di corso più anziani (che sono stati i miei veri maestri), ho imparato le varie tecniche di lavorazione del gesso, della resina, della cartapesta, della cera e ho avuto le prime esperienze con la pietra.
Sono stati anni di sperimentazione di crescita e di condivisione. Insieme ad alcuni amici che mi hanno accompagnato in questo percorso sono arrivate Le prime mostre, la prima galleria di riferimento, i primi lavori.
La passione è nata e cresciuta con loro.
Finita l’accademia dopo vari giri mi sono trasferito a Milano che ormai è diventata casa.

Come hai capito quale fosse la tua forma di espressione artistica?

La mia ricerca è nata in accademia. Lavorando per un modellato in argilla, ho realizzato un’armatura in filo di ferro molto dettagliata. Mi era piaciuta talmente tanto che ho deciso di presentarla all’esame come lavoro finito.
Da lì ho iniziato la mia ricerca e la sperimentazione con il filo di ferro, un materiale molto malleabile e rigido che mi permette di tracciare delle linee nello spazio come un disegno su carta.
Inizialmente mi sono concentrato sulle forme e sui volumi. Poi, piano piano, sono andato ad arricchire i lavori con delle cuciture di filo di ferro sempre più sottile, giocando sulle variazioni cromatiche, infittendo e lasciando completamente vuote alcune parti.

Cosa vuoi dire attraverso i tuoi lavori? Qual’è lo scopo del tuo lavoro?

Il mio lavoro non ha uno scopo, è semplicemente il mio modo di esprimermi. La mia ricerca è legata al disegno, alla figurazione, alla narrazione, alla forma.

La Sardegna è fonte di ispirazione per i tuoi lavori?

Sicuramente! Sono molto legato alla mia terra, la mia famiglia, gli amici e i luoghi della mia infanzia. Questo si riscontra anche nel mio lavoro, delle volte con dei rimandi diretti, altre in un modo meno esplicito.

I bambini, la famiglia, gli animali. Chi sono i soggetti delle tue sculture, o meglio, cosa rappresentano?

I soggetti che tratto vengono dai miei ricordi, dalla mia infanzia, dal mio vissuto e dalle mie curiosità. Tutto quello che attrae la mia attenzione e che mi circonda (il web, i film, la vita di tutti i giorni) può essere lo spunto per un nuovo lavoro. Delle volte sono il mio ritratto, quello della mia compagna, quello dei miei amici, il cane di un mio amico, gli animali della cascina nel bosco vicino casa, i ricordi d’infanzia in colonia dalle suore, Le architetture della città, le incisioni, le stampe, la natura.

La tecnica che utilizzi è singolare (in alcune opere anche misto resina), da dove parte il processo creativo?

Parte tutto dall’idea, poi viene il progetto su carta, fondamentale nel mio lavoro, dove decido misure, proporzioni, forme e dettagli. Oltre al filo di ferro ho utilizzato anche altri materiali come la resina, la creta, il gesso, il piombo, le plastiche, la pietra, la cera, il cemento. Il mio preferito rimane sempre il filo di ferro, con una ricerca che porto avanti da più di dieci anni. La caratteristica di questo materiale è la sua rigidità che ti permette di disegnare nello spazio, di creare delle forme vuote, leggere. In questi anni ho imparato e perfezionato la mia tecnica e trovo sempre nuove soluzioni di utilizzo.

Ultimamente ho visto che realizzi delle opere più simili a sculture bidimensionali, come quadri, hai deciso di sperimentare con la tecnica?

Sono degli arazzi realizzati in filo di ferro. Doppiando e annodando un filo di ferro molto sottile da legature, realizzo il mio disegno di filo che poi vado ad unire agli altri tramite nodi. Il risultato somiglia ad una lavorazione all’uncinetto. É un lavoro certosino, impiego diversi mesi per terminarlo.
Anche se realizzati con un materiale cosi rigido la resa di questa lavorazione è molto morbida, si possono arrotolare su se stessi come un tappeto. Sono molto soddisfatto di questi ultimi lavori.

Cosa pensi della scena artistica della Sardegna? I giovani artisti sono stimolati e supportati?

La scena artistica della Sardegna è sicuramente molto ricca di stimoli e di iniziative. Ci sono tanti artisti molto bravi e Musei e Fondazioni che danno sempre più attenzione all’arte contemporanea. Purtroppo mancano le gallerie private, salvo alcune eccezioni, che non possono dare spazio e supporto a tutti.

Molti giovani artisti abbandonano la Sardegna cercando la fortuna altrove.
Pensi che questo fenomeno possa cambiare?

Magari si e magari no! Il cambiamento, il confronto con altre realtà, il viaggio, sono fondamentali per la crescita di ogni in individuo. Ormai ci si sposta molto velocemente da una parte all’altra del paese o all’estero, e vivere un’altra realtà non significa perdere i contatti con il proprio paese.

Quali sono i tuoi piani futuri e i tuoi prossimi progetti?

In questo momento sto lavorando a due progetti per questo inverno: una collettiva a Pavia, dove presenterò una nuova installazione in cui l’arazzo sarà inserito all’interno di un’architettura, e una personale a Sassari, dove presenterò una serie di lavori sul ritratto.

Sito web: http://www.robertofanari.net/
pagina instagram: https://www.instagram.com/roberto.fanari/?hl=it

L’intervista è autentica realizzata da Sofia Caddeu.
Le immagini sono state estrapolate dal sito web principale dell’artista.